Carlos Castaneda
The Teachings of Don Juan
“Qualsiasi via è solo una via, e non c’è nessun affronto, a se stessi o agli altri, nell’abbandonarla, se questo è ciò che il tuo cuore ti dice di fare…
Esamina ogni via con accuratezza e ponderazione. Provala tutte le volte che lo ritieni necessario. Quindi poni a te stesso, e a te stesso soltanto, una domanda… Questa via ha un cuore? Se lo ha, la via è buona. Se non lo ha, non serve a niente.“
IL LIBRO AND ME
Casperia, mon amour
Casperia, l’antica Aspra, è stato uno dei miei luoghi del cuore per più di 30 anni.
Ci passavamo le vacanze estive, giornate fatte di lunghe passeggiate, tuffi in piscina con figli e nipoti, libri belli assai, e così i pranzi con gli amici, le raccolte di more e le mangiate indimenticabili di fichi quando era il tempo suo.
Fu durante una di quelle estati che lessi il Tao della Fisica e ne rimasi incantato. Oggi direi che è stato il mio primo approccio con la fisica quantistica, ma allora la parola “quanti” non sapevo neanche che esisteva, o magari sì, ma solo come sentito dire. Ogni pagina era una scoperta, compresa la frase di Don Juan, la dedida, la citazione, la prefazione e tutto il resto. Ero catturato da ogni cosa che leggevo e imparavo, piccola o grande che fosse, ed è stato bellissimo.
La citazione
È probabilmente vero in linea di massima che della storia del pensiero umano gli sviluppi più fruttuosi si verificano spesso ai punti d’interferenza tra due diverse linee di pensiero. Queste linee possono avere le loro radici in parti assolutamente diverse della cultura umana, in tempi diversi e in ambienti culturali diversi o di diverse tradizioni religiose; perciò, se esse realmente s’incontrano, cioè, se vengono a trovarsi in rapporti sufficientemente stretti da dare origine a un’effettiva interazione, si può allora sperare che possano seguirne nuovi e interessanti sviluppi.
Werner Heisenberg
La dedica
Dedico questo libro a: Ali Akbar Khan, Carlos Castaneda, Geoffrey Chew John, Coltrane Werner, Heisenberg; Krishnamurti, Liu Hsiu Ch’i, Phiroz Mehta, Jerry Shesko, Bobby Smith Maria, Teuffenbach,
Alan Watts che mi hanno aiutato a trovare la mia strada. E a Jacqueline che su questa strada ha viaggiato con me per quasi tutto il tempo.
La Prefazione (estratto)
Cinque anni fa ebbi una magnifica esperienza che mi avviò sulla strada che doveva condurmi a scrivere questo libro. In un pomeriggio di fine estate, seduto in riva all’oceano, osservavo il moto delle onde e sentivo il ritmo del mio respiro, quando all’improvviso ebbi la consapevolezza che tutto intorno a me prendeva parte a una gigantesca danza cosmica. Essendo un fisico, sapevo che la sabbia, le rocce, l’acqua e l’aria che mi circondavano erano composte da molecole e da atomi in vibrazione, e che questi a loro volta erano costituiti da particelle che interagivano tra loro creando e distruggendo altre particelle. Sapevo anche che l’atmosfera della Terra era continuamente bombardata da una pioggia di «raggi cosmici», particelle di alta energia sottoposte a urti molteplici quando penetrano nell’atmosfera. Tutto questo mi era noto dalle mie ricerche nella fisica delle alte energie, ma fino a quel momento ne avevo avuto esperienza solo attraverso grafici, diagrammi e teorie matematiche. Sedendo su quella spiaggia, le mie esperienze precedenti presero vita; «vidi» scendere dallo spazio esterno cascate di energia, nelle quali si creavano e si distruggevano particelle con ritmi pulsanti; «vidi» gli atomi degli elementi e quelli del mio corpo partecipare a questa danza cosmica di energia; percepii il suo ritmo e ne «sentii» la musica; e in quel momento seppi che questa era la danza di Siva, il Dio dei Danzatori adorato dagli Indù. […]
Londra, Dicembre 1974
“Poiché la velocità della luce è finita, gli astronomi non osservano mai l’universo nel suo stato attuale, ma guardano sempre indietro, nel passato. Per andare dal Sole alla Terra, la luce impiega otto minuti, e quindi, in ogni momento, noi vediamo il Sole come era otto minuti prima. Analogamente, vediamo la stella più vicina come essa era quattro anni fa, e con i nostri potenti telescopi possiamo vedere le galassie come erano milioni di anni fa.”
Quasi ogni sera, a Casperia, dopo cena, i piccoli si vedevano, a volte a casa nostra, altre volte a casa degli amici, per giocare assieme. Il più grande era Luca, figlio di Laura e mio, che poteva avere 8 anni, Riccardo non era ancora nato; poi c’erano Irene, 6 anni, e Valeria, 4 anni, le figlie di Emma ed Enrico; e poi ancora Matteo e Giovanni, i figli di Virginia e Danilo , di 6 e 5 anni. Le sere che stavano da noi, spesso mi piaceva, per una parte del tempo, unirmi a loro; mi piaceva inventare storie e mi piaceva anche farle inventare a loro.
Quel giorno avevo letto le righe che ho citato sopra e mi ero entusiasmato. Avevo cercato la stella più vicina alla Terra dopo il Sole e avevo visto che è Proxima Centauri, una nana rossa a 4, 243 anni luce di distanza dal nostro pianeta.
Ci avevo pensato su per tutto il pomeriggio e la sera, con i piccoli, raccontai con parole semplici quello che avevo scoperto.
“Sapete cosa vuol dire che una stella o un pianeta dista 4 milioni di luce dalla Terra?”, dissi più o meno a un certo punto; “vuol dire che il segnale impiega 4 anni per giungere al nostro occhio, e questo ha a sua volta molte conseguenze.”
“Per esempio, papà?”, chiese Luca.
“Per esempio che se gli abitanti di quella stella avessero un cannocchiale così potente da vedere quello che succede qui, non ci vedono come siamo adesso ma come eravamo 4 anni fa. E che se un pianeta distante 100 anni luce avesse un cannocchiale così potente da guardare in questa stanza non vedrebbero noi ma le persone che c’erano 100 anni fa, con nonna Giacinta bambina e i suoi genitori, la cosa come era allora, i mobili e tutto il resto.”
Il racconto
“Che bello zio”, disse Irene, “lo dico anche a lei quando finisce la vacanza e torniamo a casa.”
“Sì, molto bello tesoro”, risposi, “anche se ha quasi 100 anni nonna Giacinta capisce tutto. Ma c’è anche un’altra cosa che è bella, perché tutto questo mette in discussione l’idea che abbiamo su quello che c’è e quello che non c’è.”
“In che senso?”, chiese Matteo.
“Nel senso che se il cannocchiale ce l’avessimo noi e ci mettesssimo a guardare una stella distante dieci anni luce dalla terra la vedremmo anche se è esplosa da 9 anni e non c’è più e, al contrario, non la vedremmo anche se è nata e se ne sta lì da 9 anni.”
Ricordo che furono necessari un po’ di tempo e un po’ di perché per capirci per bene, però poi ci capimmo, e io ne fui così felice che buttai lì la mia domanda impossibile: “A proposito, ma secondo voi quand’è che possiamo dire che una cosa è vera?'”
Le risposte delle bimbe e dei bimbi furono tutte bellissime, cose come “quando la puoi vedere”, “quando la puoi toccare”, “quando gli puoi dare un morso e la senti sotto ai denti” e così via, ma quando toccò a Valeria disse una cosa che mi lasciò a bocca aperta. Questa cosa: “Zio, una cosa è vera quando la puoi pensare.”
Il Senso
Leggere la vita
O dell’importanza delle connessioni
Questo libro mi ha aperto molte vie. È un libro che connette, che crea interazioni come dice Heisenberg, che ha un cuore, che non si ferma mai. È un libro che mi ha ispirato e mi ha aiutato a scoprire, nel tempo, l’importanza di non separare, di tenere insieme, di prediligere la congiunzione “e” e limitare al minimo l’uso della “o”. È a partire da lì che ho cominciato a cercare i punti di intersezione, il tra come dice Jullien, le connessioni, le zone di confine.
La conoscenza, ciò che sappiamo e sappiamo e fare, non ha generi o categorie. Niente sapere tecnico e sapere umanistico, solo sapere e saper fare, buoni pensieri e cattivi pensieri, buone idee e cattive idee, lavoro fatto bene e lavoro fatto male.
Nel mio viaggio Il Tao della Fisica è stato un libro importante assai, mi ha aiutato a leggere in maniera diversa non solo tanti altri libri ma anche, soprattutto, la vita. È per questo che sta qui.