INDA / FORA

La Storia

INDA FORA è l’attraversamento dell’IO e

dell’ALTER, di ciò che ci appartiene e di ciò

che ci è estraneo, avverbi espressi in

lingua dialettale che indicano i confini del

luogo, del dentro e del fuori.

Antonio Pellegrino

Chi è INDA è INDA chi è FORA è FORA (proverbio polare)
INDA FORA è l’attraversamento dell’IO e dell’ALTER, di ciò che ci appartiene e di ciò che ci è estraneo, avverbi espressi in lingua dialettale che indicano i confini del luogo, del dentro e del fuori. E’ il luogo l’espressione più autentica di una comunità, il luogo di vita, il luogo storico e religioso, il luogo culturale e colturale, il luogo dell’infanzia e della vecchiaia, degli antenati e dei figli, il luogo della memoria e dell’oblio, il luogo di una vita, il luogo di sempre, il luogo da cui partire e in cui ritornare, il luogo che si è fatto paese, comunità, famiglia, identità. Così, partendo dal luogo, si tracciano i confini di ciò che è locale e ciò che è forestiero, un riconoscimento mutabile nello spazio e nel tempo, che si allarga e si restringe, che crea familiarità ed estraniazione, che definisce la necessità di riconoscersi in qualcosa a cui appartenere e che ti differenzia da qualcosa a cui non appartieni. Per questo, l’attraversamento del dentro e del fuori è la possibilità di vivere un ossimoro linguistico e concettuale, il nomadismo stanziale, quel piede dentro e quello fuori da sempre ritenuto improbabile, opportunistico, speculativo. Sia la saggezza popolare che il senso comune, hanno da sempre rimarcato la necessità di essere carne o pesce, di caratterizzarsi in modo univoco, di rendersi riconoscibili secondo canoni e convezioni di stabilità identitaria e relazionale. Una necessità dettata da condizioni storiche e sociali che a partire dalle arcadie tribali fino ad arrivare agli stati nazione, ha definito confini, usi e costumi istituzionalizzati e da istituzionalizzare per garantire organizzazioni stabili e durature. Ma le condizioni storiche mutano e con esse gli spazi di vita, le possibilità di incontro e di scontro, e si generano nuovi intrecci, sovrapposizioni, sincretismi. E’ nell’ottica dell’opportunità che questo discorso tenta di diventare slogan ideologico attraverso INDA FORA, nell’idea di un reciprocità consapevole, di uno scambio cosciente, di una volontà all’autodeterminazione, del Ri-radicamento nel proprio che nasce dall’incontro con l’altro.

E’ una necessità che vuole superare il campanilismo sterile e il localismo istituzionale per ricondurci alla vera relazione umana, una nuova poetica delle persone e delle comunità, un nuovo protagonismo popolare. E’ l’esatto contrario di quello che avviene con le dinamiche imposte dalla modernità, dove il centro è stato spostato nella medialità e nell’imbonimento culturale, nella massificazione e nell’omologazione, nei giochi di finanza e di mercato, avallati da una politica latente, capace solo di rendere retorica l’agenda politica e di ridursi ad un’azione stereotipata e obsoleta incapace di interpretare le necessità dell’oggi e di un domani migliore. Ma la modernità è anche un’opportunità e se non lo capisce la politica, quella ufficiale, facciamo diventare politiche le nostre azioni, rendiamole protagoniste con i nostri vissuti, facciamo diventare fatti i nostri incontri e trasformiamo i nostri territori in luoghi parlamentari, in opifici culturali, in energie e intelligenze organizzative, produttive, ricreative. Così INDA FORA diventa un pretesto conoscitivo, un nuovo valore assoluto, un nuovo modus operandi per autodefinirsi, per non rendere immobili le nostre identità storicamente date e per non lasciarcele annullare dai furfanti della modernità. La modernità è anche nostra e non dobbiamo solo subirla. Le aspettative non possono essere solo delegate, vanno in qualche modo conquistate e non bisogna entrare in nessun dibattito ideologico per capire che occorre una presa in carico di una responsabilità. Rendersi disponibili all’attraversamento del dentro e del fuori, praticarlo come metodo, significa aprire nuovi spazi a percorsi indigeni, alimentarli con il localismo e con la diversità, fuggire la differenza come metro di misura dei valori umani, fare in modo che i tanti locale del mondo possano incontrarsi per accrescersi anziché per annullarsi. Torniamo al luogo, al nostro, rafforziamo le nostre radici e innestiamole con la vera ricchezza dell’umanità: la varietà culturale. Proviamo a declinare la biodiversità colturale anche nel mondo della cultura e iniziamo a viverla come ricchezza ideologica, come valore assoluto. Ecco perché INDA, per capire chi siamo, da dove veniamo, ed ecco perché FORA, poiché per capire cosa siamo INDA dobbiamo necessariamente incontrarci con il FORA. INDA FORA è quindi un percorso, un sentiero tracciato e da tracciare, il viaggio e la restanza, l’andare ed il ritornare. Talvolta è vero, vale la pena anche perdersi, ma occorre comunque ritrovarsi, e la casa in cui si è nati, il vicinato ed il paese in cui si è cresciuti e vissuti, sono lì ad aspettare il nostro ritorno e con esso un nuovo protagonismo. Non basta solo la nostalgia del ricordo, occorre la presa in carico, occorre entrare dentro ed uscire fuori per ripercorrere una dinamica universale, un movimento eterno delle cose del mondo, soprattutto quelle degli uomini, quelle delle loro ambizioni, dei loro sogni, di chi ha lasciato il seme nella terra con la speranza che il germoglio si faccia frutto per poi ritornare ad essere seme.