Allen Ginsberg

Jukebox all’idrogeno

Urlo | Incipit | Voce di Vincenzo Moretti

di Allen Ginsberg | Jukebox all'idrogeno

I saw the best minds of my generation destroyed by madness, starving hysterical naked, dragging themselves through the negro streets at dawn looking for an angry fix, angelheaded hipsters burning for the ancient heavenly connection to the starry dynamo in the machinery of night, …

Quando nel 1965 Fernando Pivano traduce per Mondadori Allen Ginsberg e Jukebox all’Idrogeno è troppo presto per me, ho 10 anni, ma non manca troppo tempo, è il 1970, forse il 1971, quando il poeta della Beat Generation, Urlo e Jukebox all’idrogeno entrano nella mia vita e non ne escono più.

Con Ginsberg arriverà Kerouac e con lui Sulla Strada e Dean Moriarty, I Sotteranei e la scoperta, ancora grazie alla mitica Fernanda, del In e Out Book, che alla voce Beat Generation recitava “È out dire che la Beat Generation è out, ma la Beat Generation è out”. Poco più tardi la bomba di Gregory Corso, le opere di William Burroughs e di Lawrence Ferlingetti, poesie, racconti e vite che si ingarbugliano tra ribellioni, diritti, LSD, visioni, religioni e sesso.

Come ha fatto tutto questo ad arrivare a Secondigliano non me lo ricordo bene, credo sia stato mio fratello Antonio a scagliare la prima pietra, o forse Totonno “Uccelletto” Rubino, alla fine cosa importa, quello che resta è la bellezza di quei giorni andati.

Me le ricordo come se fosse ieri le scritte a mano con i pennarelli sulle magliette bianche: “Uscite dalle vostre congliere”, “Non si può impedire all’Africa di essere Africa”,  “Togliete le serrature dalla porte e togliete anche le porte dai cardini”. E mi ricordo anche la ragazza appena conosciuta sulla spiaggia che legge la frase e mi domanda se faccio parte di qualche banda di mariuoli di Secondigliano.

Sì, quello che resta è questo, ma anche molto di più. Conoscere l’America quella che si ribella, Marcello Baraghini e Stampa Alternativa, i primi concerti rock, studenti e operai uniti nella lotta.
Costituiamo il Gruppo Anarchico Incazzati di Secondigliano, che per darci un tono ci facevamo chiamare Gays, tanto il significato della parola in inglese nessuno di noi lo conosceva, mentre le poesie di Ginsberg e i romanzi di Kerouac invece sì, vedi a volte come anche a quei tempi era curioso il mondo.

La verità è che con i capelli lunghi e i nostri eskimo innocenti pensavamo di poter fare tutto e a volte ci riuscivamo pure, come quando insieme ad Antonio Scarano, un mio amico poeta, sono fonito a Trastevere a casa di Fernanda Pivano, ebbene sì, proprio lei, per farle ascoltare le poesie del mio amico.

Come ho fatto? Non lo so, però l’ho fatto. E la cosa bella è che lei ci ha ascoltato, e anche se quando ci ha offerto i biscottini e la Coca Cola non l’abbiamo presa proprio bene, durante il viaggio di ritorno non parlavamo d’altro. Eravamo stati a casa di un mito, aveva ascoltato le poesie di Antonio e aveva detto anche che erano belle.

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